Nel mondo della panificazione moderna, c’è un ritorno sempre più consapevole all’uso del lievito madre. Tra le sue varianti, il licoli, lievito madre liquido a pari peso di acqua e farina, si sta guadagnando un posto privilegiato nei laboratori artigianali e nelle cucine casalinghe. Ma cosa succede davvero quando si sostituisce il lievito di birra con il licoli? La risposta non riguarda solo la quantità, ma coinvolge tutto il processo: dalle proporzioni di acqua e farina ai tempi di fermentazione, fino alla gestione di puntata e appretto.

Convertire una ricetta dal lievito di birra al licoli non è un’operazione meccanica. Serve conoscere la vitalità del proprio lievito, ma anche i princìpi di base della lievitazione naturale. Un primo punto chiave è la conversione delle dosi. Un grammo di lievito di birra fresco può essere sostituito, in media, da circa 14 grammi di licoli. Ciò significa che una classica dose da 10 grammi di lievito fresco equivale a circa 140 grammi di licoli. Per il lievito secco, la proporzione si amplia: 10 grammi di secco possono richiedere anche 300 grammi di licoli, a seconda della forza fermentativa desiderata.
Questa sostituzione va però sempre accompagnata da una modifica parallela della ricetta. Il licoli è costituito da 50% farina e 50% acqua, quindi va considerato come parte integrante dell’impasto. Se se ne usano 300 grammi, si stanno aggiungendo automaticamente 150 grammi di acqua e 150 grammi di farina. Per mantenere l’equilibrio, queste quantità vanno sottratte dagli ingredienti principali. Un impasto pensato con 1 kg di farina e 700 grammi di acqua, dunque, dopo l’aggiunta del licoli, dovrà essere ribilanciato a 850 grammi di farina e 550 grammi di acqua.

Il dosaggio del licoli dipende anche dal tipo di fermentazione che si desidera. Un inoculo del 10–20% sul peso della farina garantisce un risultato bilanciato, con una fermentazione progressiva e uno sviluppo aromatico deciso ma non invadente. Dosi superiori, fino al 30 o 50%, sono possibili, ma portano a fermentazioni molto rapide, impasti più appiccicosi e meno tempo di maturazione, con un profilo organolettico meno complesso.
Quando si lavora con licoli, è fondamentale comprendere a fondo la dinamica della puntata e dell’ appretto. La puntata, ossia la lievitazione dell’impasto in massa subito dopo l’impasto, può durare mediamente tra le tre e le quattro ore, purché mantenuta a una temperatura costante di circa 26–27 °C. Durante questa fase, l’impasto dovrebbe aumentare il suo volume di circa il 30–50%. Segue l’appretto, cioè la lievitazione in forma dopo la pezzatura. Questa fase può avvenire a temperatura ambiente (2–4 ore), oppure in frigorifero per una maturazione lenta e aromatica che può durare fino a 12 ore. Quest’ultima modalità, nota come “cold proof”, è ideale per ottenere una mollica più aperta e una crosta più croccante, oltre a migliorare la conservabilità del prodotto finito.

L’uso del licoli richiede anche attenzione alla forza della farina. Trattandosi di un impasto più umido, è consigliabile utilizzare farine con un W elevato, superiori a 300, per garantire una maglia glutinica solida e resistente. Tecniche come l’autolisi (ovvero il riposo dell’impasto prima dell’aggiunta del sale e del lievito) diventano preziose alleate per migliorare l’assorbimento dell’acqua e la lavorabilità dell’impasto.
Dal punto di vista organolettico, il licoli regala impasti più profumati, con una maggiore profondità aromatica grazie all’azione combinata dei batteri lattici e dei lieviti selvaggi. Il pane ottenuto con lievito madre liquido si conserva meglio, con un profilo acido equilibrato che non copre i sapori delle farine utilizzate.
Scegliere il licoli non significa complicare la ricetta, ma approfondirla. Serve metodo, conoscenza e qualche attenzione in più. Ma il risultato tra croste fragranti, molliche ariose e profumi complessi ripaga ampiamente ogni passaggio.
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